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    Vinted. Report sull’impatto climatico

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    Vinted Climate Impact Report 2023
    Vinted Climate Impact Report 2023

    È appena stato pubblicato il Vinted Climate Impact Report, uno studio indipendente che Vinted ha svolto per valutare le emissioni di CO2 risparmiate scegliendo di acquistare capi di seconda mano e/o nuovi. È davvero un report interessante perché prende in considerazione aspetti come l’impatto delle consegne e del packaging.

    Vinted Climate Impact Report 2023

    Vinted Climate Impact Report

    Il Vinted Climate Impact Report mette in luce come l’acquisto di abiti usati e nuovi (acquisti e/o regali sbagliati o non graditi) è il modo migliore per limitare l’impatto della moda sull’ambiente (dalla produzione fino alla distribuzione), dare una seconda chance a capi d’abbigliamento dimenticati negli armadi e di evitare l’acquisto di prodotti nuovi.

    Vinted (insieme a Vestiaire Collective) ha un successo tale da essere utilizzata da milioni di utenti in tutto il mondo. Il report completo potete leggerlo per intero a questo link.

    Gli acquisti di seconda mano rappresentano una scelta migliore per il clima

    La seconda mano è diventata la scelta numero uno per 1 utente Vinted su 5

    È incoraggiante scoprire che un quinto dei partecipanti all’indagine sceglierebbe di acquistare articoli di seconda mano, e non nuovi, anche se un nuovo capo di abbigliamento costasse quasi quanto la sua alternativa di seconda mano. In altre parole, la seconda mano è diventata la scelta numero uno per il 20% degli utenti Vinted. Inoltre, il 20% degli acquirenti e venditori di Vinted intervistati erano motivati da interessi ambientali e sociali, e ciò denota che gli utenti danno un valore sempre maggiore all’impatto dei propri acquisti.

    Vinted Climate Impact Report 2023

    Più di 1 transazione su 3 ha evitato l’acquisto di un nuovo articolo

    Per ogni 2,56 articoli di abbigliamento acquistati su Vinted, è stato evitato l’acquisto di un nuovo capo. Per stimare in modo accurato l’impatto sul clima di un nuovo acquisto evitato, sono stati intervistati gli acquirenti e i venditori di Vinted dei principali mercati. Dai risultati è emerso che il 39% delle transazioni su Vinted (39 su 100) ha evitato l’acquisto di un articolo nuovo.

    Allo stesso tempo, un numero significativo di acquirenti di Vinted ha riferito di avere acquistato articoli di moda in modo casuale e senza un reale motivo pratico, scegliendo di acquistare compulsivamente e non per sostituire un articolo. Questi utenti hanno acquistato regolarmente articoli di moda indipendentemente dalla piattaforma ed è probabile che continuerebbero ad acquistare capi di abbigliamento se non ci fosse Vinted.

    Per misurare il suo impatto, Vinted ha chiesto a Vaayu di condurre uno studio indipendente di 350.000 utenti Vinted e stimare le emissioni risparmiate sulla base di mezzo miliardo di transazioni.
    Per misurare il suo impatto, Vinted ha chiesto alla società Vaayu di condurre uno studio indipendente di 350.000 utenti Vinted e stimare le emissioni risparmiate sulla base di mezzo miliardo di transazioni.

    Scegliere il punto di ritiro invece del domicilio

    La maggior parte degli utenti Vinted intervistati (il 73% delle transazioni) ha scelto di ricevere il proprio articolo in un punto di ritiro e consegna. Le consegne presso un punto di ritiro/consegna, anziché a domicilio, hanno ridotto le emissioni del 62%, con in media un’impronta di carbonio per consegna di 1,1 chilogrammi di anidride carbonica equivalente (kg CO₂e), rispetto all’1,77 kg CO₂e per la consegna a domicilio.

    Vinted Climate Impact Report 2023 Le spedizioni
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    Per quasi un quarto degli intervistati, il tragitto da e verso un punto di ritiro/consegna dura in media 13 minuti. Se la maggior parte degli acquirenti e dei venditori intervistati ha usato un’automobile per raggiungere il punto di ritiro/consegna, una parte rilevante (>30%) ha scelto di andare a piedi, e questo rappresenta una scelta salutare e che genera minori emissioni

    Il riutilizzo dell’imballaggio usato

    Il 62% degli imballaggi usati dai venditori intervistati è stato riutilizzato, il che contribuisce a ridurre al minimo i rifiuti e a ridurre le emissioni. Con il riutilizzo degli imballaggi, concepiti originariamente come monouso, gli utenti Vinted hanno evitato oltre 17.000 tonnellate di emissioni. In media, le emissioni di carbonio degli imballaggi per articolo sono state di soli 30,86 grammi di anidride carbonica equivalente (g CO₂e).

    Vinted Climate Impact Report 2023 Conclusioni

    Conclusioni

    Secondo il Vinted Climate Impact Report per la maggior parte dei venditori intervistati, il ruolo di Vinted è stato fondamentale per mantenere in circolazione i loro articoli. Quasi i due terzi dei venditori intervistati (il 65%) hanno dichiarato che senza Vinted non avrebbero rivenduto i loro articoli. E il 20% dei venditori avrebbe potenzialmente buttato via le proprie cose o le avrebbe lasciate inutilizzate.

    Con dei dati solidi sull’impatto degli acquisti di seconda mano, possiamo concludere che acquistare capi di moda di seconda mano su Vinted evita 1,8 chilogrammi di anidride carbonica equivalente (kg CO₂e) per articolo di seconda mano, in confronto a un nuovo acquisto.

    Fonte Vinted Climate Impact Report

    ITALIA: OPEN TO MERAVIGLIA

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    ITALIA-OPEN-TO-MERAVIGLIA-Piazza-San-Marco

    Italia: open to meraviglia è il claim della nuova campagna internazionale di promozione turistica del Ministero del Turismo ed Enit, realizzata con il contributo del Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio. La protagonista della nuova campagna è la Venere di Sandro Botticelli, nel celebre quadro “La nascita di Venere”, conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze, trasformata in virtual influencer.

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    La Venere di Botticelli attualizzata in virtual influencer

    La campagna è stata presentata in una conferenza stampa dalla ministra del Turismo, Daniela Santanché, Fratelli d’Italia. L’investimento previsto complessivamente è di 9 milioni di euro.

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    ITALIA OPEN TO MERAVIGLIA in bici al Colosseo

    ITALIA: OPEN TO MERAVIGLIA

    La campagna internazionale di promozione turistica Italia: Open to Meraviglia mette al centro la virtual influencer aka Venere di Botticelli mentre fa la turista in alcuni dei luoghi più noti e visitati d’Italia. Una carrellata di stereotipi sul BelPaese. La Venere che mangia la pizza sul lago di Como, un’altra in cui è in bicicletta davanti al Colosseo a Roma, un’altra ancora in cui si fa un selfie in piazza San Marco a Venezia. Nelle immagini la Venere è vestita come le ragazze e donne d’oggi e assomiglia a Chiara Ferragni (ndr)

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    Chiara Ferragni testimonial degli Uffizi con dietro il celebre quadro del Botticelli – Firenze

    Il video Italia: Open to Meraviglia

    La nuova Venere viaggerà lungo tutto lo Stivale presentando al mondo la “meraviglia” dell’italianità, raccontandone i paesaggi, le mete iconiche delle città d’arte così come i piccoli borghi, le tipicità enogastronomiche e le tante declinazioni dell’offerta turistica ricca e variopinta che rendono così unico il nostro patrimonio.

    Tra social e affissioni

    La campagna multisoggetto – nata da un’idea del Gruppo Armando Testa – si compone di un video promozionale e di una campagna affissione ambientata geograficamente tra scorci fortemente rappresentativi delle bellezze del sud, del centro e del nord Italia, ma che via via si comporrà di nuove tappe, proposte e itinerari, sulla base delle visite che la Venere compirà nei Comuni e nelle Regioni che decideranno di aderire alla campagna digitale, che vivrà nel profilo Instagram venereitalia23, nel sito Italia.it e nelle altre piattaforme social. (fonte Ministero Turismo)

    ITALIA-OPEN-TO-MERAVIGLIA-Lago-di-Como
    ITALIA OPEN TO MERAVIGLIA, mangiando la pizza sul Lago di Como

    Il dietro le quinte

    Perché La Venere del Botticelli

    Tra i simboli del Rinascimento, la Venere ritorna oggi come allegoria di rinascita e rinnovamento, in questo caso del settore del turismo italiano, che dopo esser stato afflitto e aver sofferto duramente degli effetti delle chiusure in pandemia, ora ritrova nuovo impulso e vitalità. E guarda lontano. Il boom del turismo pasquale che ha visto l’Italia come seconda tra le mete europee maggiormente visitate ed ha registrato il ritorno record dei turisti statunitensi (crescita che ha registrato un +50% delle presenze) fa infatti presagire che il 2023 sarà un anno di grande intensità, con flussi persino maggiori rispetto al 2019 già molto positivo.

    ITALIA-OPEN-TO-MERAVIGLIA-Puglia
    La Venere in Puglia

    In questo rinnovato momento di apertura del turismo italiano, contrassegnato anche dalle convinte politiche di svolta del Governo a beneficio del settore, a cambiare è anche il logo del Ministero, che transita verso una nuova espressività. Un rebranding che riflette nel logo lo stesso claim “Open to meraviglia” e si spalanca in una finestra tricolore, che è promessa di sorprese per il visitatore ed inconfondibile accoglienza made in Italy.

    L’investimento globale

    Il totale dell’investimento previsto da Enit per la campagna primavera/estate e autunno/inverno è di nove milioni di euro e si svilupperà su tutti i principali mercati internazionali, sia consolidati che ad alto potenziale, con una intensità ponderata sulla  base dei flussi turistici esistenti e i flussi attesi. In particolare, Europa, Paesi del Golfo, USA, Centro e Sud America, Cina, India, Sud Est Asiatico e Australia. Circa la metà dell’investimento si concentrerà sui principali hub aeroportuali internazionali, con il video promozionale che sarà diffuso sui voli Ita Airways, e sulle stazioni ferroviarie europee, con collegamenti diretti con l’Italia e ove esiste una forte sinergia tra Enit e Trenitalia: Francia, Germania, Austria, Svizzera. La presenza di un QR code localizzato per paese, permetterà un forte richiamo a Italia.it. Circa 4 milioni di euro saranno investiti sull’ecosistema digitale internazionale con campagne crossmediali internazionali, sempre al fine di sviluppare traffico sul portale Italia.it.

    ITALIA-OPEN-TO-MERAVIGLIA-Venezia
    La Venere che si fa un selfie in Piazza San Marco

    Conclusioni

    “La campagna – ha commentato il ministro del Turismo Daniela Santanchè – serve per vendere la nostra Nazione e le nostre eccellenze, in un modo inedito, mai fatto in Italia prima d’ora: un video che sarà su tutte le ferrovie, le televisioni e gli aeroporti, con la consapevolezza che la pubblicità è l’anima del commercio – e noi dobbiamo saper vendere l’Italia. La Venere del Botticelli, allora, simbolo della rinascita e della primavera che fiorisce dopo il rigido inverno pandemico, è la testimonial d’eccezione che ci prende per mano e ci accompagnerà lungo questo percorso.”

    La guerra è finita! La pace non è ancora iniziata

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    Martha_Rosler-Point-and-Shoot2
    Martha_Rosler-Point-and-Shoot2

    La guerra è finita! La pace non è ancora iniziata.

    Lo scorso martedì 4 aprile ho partecipato, come member di Fondazione Imago Mundi, alla private preview della mostra La guerra è finita! La pace non è ancora iniziata alle Gallerie delle Prigioni di Treviso. Un’occasione unica di vivere la mostra in anteprima: visita guidata con Mattia Solari (curatore della mostra) e incontro con l’artista georgiana Eteri Chkadua.

    La guerra è finita! La pace non è ancora iniziata  | Ice Cream Opera d'arte di Eteri Chkadua

    I suoi due dipinti in mostra, In Black e Ice Cream, sono un mix di nostalgia e memoria attraverso le tecniche classiche della pittura. In un dipinto c’è una tavola imbandita e un fucile d’assalto, nell’altro una donna che si gusta un cono da passeggio mentre dietro ci sono i sacchi di guerra.

    È stato un pomeriggio interessante.

    Mi piacciono molto le visite guidate perché mi danno l’opportunità di guardare l’opera d’arte in modo completo, contestualizzandola, tracciando mentalmente un perimetro, un’angolazione precisa. Informazioni sulla vita dell’artista, la collocazione spazio temporale, quali tecniche ha utilizzato. Così ho un quadro d’insieme e posso guardare e valutare il messaggio dell’opera nel suo complesso.

    La guerra è finita! La pace non è ancora iniziata

    Ad accogliermi alla mostra La guerra è finita! La pace non è ancora iniziata c’è un grande pannello rosso dall’artista Alfredo Jaar con la famosa citazione di Antonio Gramsci (tratta da Quaderni del Carcere, Vo.1, No. 3, p. 311)

    Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri.

    La guerra è finita! La pace non è ancora iniziata | Omaggio ad Antonio Gramsci

    La mostra parla quindi dei pericoli del nostro tempo? È un monito a non compiere gli stessi errrori del passato? Tutto è ciclico, tutto si ripete.

    Alla mostra La guerra è finita! La pace non è ancora iniziata sono esposte trenta opere d’arte che raccontano la guerra nelle sue brutture ed evoluzioni anche tecniche (un tempo si affrontavano gli eserciti in un campo di battaglia, ora ci sono soprattutto droni e bombe) e come la pace sia spesso solo un momento di tregua per avviare un nuovo conflitto. L’esposizione presenta opere di 15 artisti: Francesco Arena, Terry Atkinson, Massimo Bartolini, Eteri Chkadua, Maxim Dondyuk, Harun Farocki, Leon Golub, Alfredo Jaar, JR, Mario Merz, Richard Mosse, Pedro Reyes, Martha Rosler, Sim Chi Yin, Ran Slavin.

    Maxinm Dondyuk | Ucraina

    Ad aprire l’allestimento, in omaggio al presente, una selezione di scatti del fotoreporter ucraino Maxim Dondyuk, un excursus decennale, tra bombardamenti, fuoco, città distrutte, dalla Rivoluzione arancione nelle strade di Kiev del 2013 all’attuale fronte del conflitto, passando per la questione del Donbass. Personalmente non mi è piaciuta la scelta stilistica di riprodurre le immagini del fotoreporter su striscioni, lastre di marmo (ad indicare le lapidi quindi la morte) e un’installazione. Nel complesso ho trovato il tutto molto forzato. Essendo Dondyuk un fotoreporter avrei preferito lasciare parlare solo le immagini (forti e potenti) e allo spettatore la libertà di cogliere particolari e approfondire la tecnica fotografica che ha utilizzato in un simile contesto.

    La guerra è finita! La pace non è ancora iniziata. Orari ed apertura della mostra. L’esposizione presenta opere di 15 artisti: Francesco Arena, Terry Atkinson, Massimo Bartolini, Eteri Chkadua, Maxim Dondyuk, Harun Farocki, Leon Golub, Alfredo Jaar, JR, Mario Merz, Richard Mosse, Pedro Reyes, Martha Rosler, Sim Chi Yin, Ran Slavin

    Galleria delle Prigioni Treviso

    La galleria delle Prigioni è un luogo angusto, stretto, compatto. Del resto erano appunto delle prigioni. Per me la location non si presta ad essere riempita troppo di opere d’arte, video ed installazioni. In alcuni casi, lo spazio non mette in risalto le opere. Personalmente ci vuole ‘aria intorno’ per digerire certi messaggi. A mio avviso i video dei campi di addestramento israeliani ripresi da Ran Slavin oppure i due grandi quadri di Eteri Chkadua non sono valorizzati come meriterebbero. Ci vuole una certa distanza per ammirarli, per cogliere i particolari, i simboli, gli accostamenti cromatici e visuali.

    Mario Merz e Jr a Treviso

    Due presenze d’eccezione alla fine del percorso: l’igloo in terracotta coperto dalla scritta al neon “Se il nemico si concentra perde terreno, ma se si disperde perde forza” e realizzato da Mario Merz, celebre esponente dell’arte povera, e una nuovissima opera del francese JR, street artist tra i più quotati al mondo, che a Treviso ha mandato una stampa in negativo su legno di una foto di bambini profughi, colti in una corsa libera e carica di speranza verso il futuro.

    La guerra è finita! La pace non è ancora iniziata. L’igloo in terracotta coperto dalla scritta al neon “Se il nemico si concentra perde terreno, ma se si disperde perde forza” e realizzato da Mario Merz
    La guerra è finita! La pace non è ancora iniziata Jr street style a Treviso Galleria delle Prigioni
    L’opera del francese JR 

    War rugs – Fondazione Sergio Poggianella

    La guerra è finita! La pace non è ancora iniziata War rugs - Fondazione Sergio Poggianella

    La serie di tappeti afghani stesi a terra in un grande spazio delle Gallerie (questo sì che li esalta e permette di ammirarli alla giusta distanza) mi hanno emozionato. Sono stati prestati dal collezionista Sergio Poggianella di Rovereto. Sono decorati da ignoti con motivi bellici che partono dagli anni Sessanta e arrivano alla rappresentazione del crollo delle Torri Gemelle. I war rugs, o tappeti di guerra, sono vere e proprie opere d’arte per la loro valenza estetica, etica e sociale. Sulla loro superficie si addensa un ampio repertorio di visioni del potere che mette in scena i rapporti di forza tra gli Stati, un Afganistan dilaniato da decenni di invasioni e guerre civili. Questi tappeti sono stupendi, potenti e senza tante spiegazioni raccontano la società afgana degli ultimi decenni. Ci sono solo armi, aerei, momenti del 11 settembre 2001, momenti dell’invasione russa.

    Autore, date sconosciute, annodati a mano, le cui origini sono ancora oscure e da indagare.

    La guerra raccontata dalle televisioni

    L’orrore della guerra è oramai un palinsesto televisivo e si insinua nella quotidianità, come dimostrano i due interessanti video saggi di Fulvia Stano (Guerra. Un racconto per immagini) e Francesco Spampinato (Watch! Guardare il conflitto), in cui si ripercorre la figurazione delle guerre in tutta la storia dell’arte e all’epoca della “post-verità” e delle “fake news” con anche forzature costruite ad arte per plasmare l’immaginario collettivo. Oggi si fa la guerra anche con i droni, a distanza. Non ci sono eserciti che si combattono come nelle prime guerre mondiali ed il dolore, l’orrore sono affidati alle morti dei civili inermi.

    la prima “bandiera della pace” portata in marcia da Perugia ad Assisi nel 1961

    È in mostra anche la prima “bandiera della pace” portata in marcia da Perugia ad Assisi nel 1961, e altri lavori firmati da Terry Atkinson, Massimo Bartolini, Harun Farocki, Leon Golub, Richard Mosse, Pedro Reyes, Martha Rosler e Sim Chi Yin. Si possono vedere poi i video dei campi di addestramento israeliani ripresi da Ran Slavin, un letto in rame di Francesco Arena, simbolo della branda dei soldati.

    «È una visita dal “tempo lungo” perché ha bisogno di riflessione – commenta Enrico Bossan, direttore della Fondazione Imago Mundi – queste opere vogliono stabilire un dialogo tra loro e con il visitatore: il valore dell’ascolto è una strada verso la pace».

    Informazioni | La guerra è finita! La pace non è ancora iniziata

    In collaborazione con il Festival Biblico saranno ospitati Andrea Riccardi della Comunità di Sant’Egidio il 4 maggio alle 20.30, mentre sabato 6 maggio alle 11 il biblista Roberto Vignolo e alle 15.30 Marcello Spagnulo, ingegnere aerospaziale e consigliere scientifico di Limes. La mostra è aperta fino al 17 settembre con ingresso libero venerdì ore 15. 30-18. 30, sabato e domenica ore 10-13 e 15. 30-18. 30.  sabato e domenica ore 10-13 e 15. 30-18.30. 

    Link del sito

    Pulizie digitali di primavera

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    Donna con smartphone e Mac

    Le pulizie digitali di primavera sono come le pulizie di primavera in casa. In questo articolo scopri come rinnovare la tua vita digitale e rendere più performanti il tuo computer e smartphone. Ti suggerisco sette modi per dare una sferzata alla tua presenza digitale e liberare la mente.

    Pulizie digitali di primavera

    Pulizie digitali: cosa sono?

    Le pulizie digitali sono il momento perfetto per riordinare la tua presenza online, per liberare spazio nei tuoi dispositivi elettronici. Pulire i tuoi file, organizzare documenti e foto, aggiornare programmi e dispositivi liberandoti del superfluo, dell’obsoleto, di quello che non è più in linea con i tuoi valori ti farà stare meglio. Sembrerà di essere più centrati.

    Ecco sette ottimi modi per ripulire la tua vita digitale e fare ordine nei tuoi dispositivi.

    1. Organizza i tuoi file

    Prenditi del tempo per ordinare i tuoi file e documenti sul tuo computer, eliminando tutto ciò che non ti serve più e organizzando il resto in cartelle e sottocartelle, per aiutarti a trovare ciò di cui hai bisogno più facilmente e liberare spazio di archiviazione.

    2. Annulla l’iscrizione a newsletter e servizi che non usi

    Controlla la tua casella di posta e annulla l’iscrizione a newsletter, e-mail promozionali o altri abbonamenti che non leggi più, per ridurre il disordine delle e-mail e liberare un po’ di spazio mentale.

    3. Svuota la cache

    Svuotare la cache e i cookie del browser può velocizzare la navigazione in Internet e proteggere la privacy rimuovendo eventuali credenziali di accesso memorizzate o altri dati sensibili. Potresti anche prendere questo tempo per rivedere tutte le tue password per assicurarti che siano tutte sicure e univoche e modificare quelle che hai riutilizzato o che sono state compromesse. Per un ulteriore livello di sicurezza per i tuoi account online, abilita l’autenticazione a due fattori, che richiede di inserire un codice dal tuo telefono oltre alla tua password quando accedi.

    Pulizie digitali di primavera

    4. Fai il backup dei tuoi dati

    Assicurati di eseguire regolarmente il backup dei tuoi file e dati importanti su un disco rigido esterno o un servizio di archiviazione cloud per prevenire la perdita di dati, in caso di arresto anomalo del computer o furto.

    5. Aggiorna il tuo software

    Assicurati che il tuo computer e i dispositivi mobili eseguano l’ultima versione dei rispettivi sistemi operativi e programmi software per migliorare le prestazioni e la sicurezza correggendo eventuali bug e vulnerabilità.

    6. Elimina i vecchi account

    Se non utilizzi più un particolare servizio online o account di social media, valuta la possibilità di eliminarlo per proteggere le tue informazioni personali e ridurre anche il rischio di violazioni della sicurezza.

    7. Controlla le tue impostazioni sulla privacy

    Prenditi del tempo per rivedere le tue impostazioni sulla privacy sui social media e altri account online, assicurandoti di essere a tuo agio con le informazioni condivise e chi può vederle. Regola le tue impostazioni secondo necessità per proteggere la tua privacy e sicurezza.

    Pulizie digitali di primavera

    Pulizie digitali in conclusione

    Le Pulizie digitali di primavera sono un’ottima occasione per rinnovare la tua vita digitale. Prenditi del tempo per fare un po’ di pulizia e organizzazione, in modo da poter sfruttare al meglio le tue risorse digitali (PC, smartphone). Elimina i file inutili, organizza i documenti e le foto, aggiorna i programmi e i dispositivi, e soprattutto, prendeti un po’ di tempo per goderti la primavera!

    Le foto sono di unsplash.com

    La luce che è in noi di Michelle Obama

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    La luce che è in noi di Michelle Obama
    La luce che è in noi di Michelle Obama

    La luce che è in noi è il nuovo libro scritto da Michelle Obama. L’autrice condivide la sua esperienza e le strategie più efficaci per conservare speranza ed equilibrio anche nelle grandi incertezze dei nostri giorni.

    Viviamo anni di inquietudine, di insicurezza ed instabilità ed è molto difficile trovare la propria strada. Durante la pandemia, anche Michelle Obama ha vissuto dei momenti di forte scoramento ed impotenza. Ma, il momento di isolamento forzato, le ha però permesso di raccogliere i pensieri e di scrivere questo nuovo libro, proprio dopo il grande successo di Becoming.

    La luce che è in noi di Michelle Obama
    La luce che è in noi di Michelle Obama

    La luce che è in noi

    Michele Obama racconta alcuni episodi della sua vita, all’apparenza banali. In realtà sono episodi da cui trarre ispirazione ed insegnamento. Mi sono piaciuti alcuni passaggi su come accettare le proprie paure e debolezze, la metafora di volare alto sopra le cattiverie e le spinte negative della gente, l’importanza di crearsi una rete di amicizie vere.

    Credo che ognuno di noi abbia dentro di sé una certa luce, qualcosa di assolutamente unico e individuale, una fiammella che vale la pena proteggere… Quando la nostra luce brilla, diventiamo più coraggiosi. E se riconosci la tua luce, riconosci davvero te stesso e la tua storia
    La luce che è in noi

    La luce che è in noi racconta il processo che consente all’autrice – e quindi anche al lettore – di trovare la forza e la luce che sono dentro di noi, delle nostre relazioni con gli altri e della nostra concezione di ciò che chiamiamo casa. Una riflessione su come conoscere a fondo, proteggere e rafforzare al meglio la nostra luce, specialmente nei periodi difficili.

    Scrittura

    La scrittura è coinvolgente e le parole trasmettono calore ed autenticità. La sua voce è forte e decisa, ma allo stesso tempo umile e vulnerabile, il che la rende estremamente facile da leggere e comprendere.

    Struttura

    La luce che è in noi è diviso in tre parti.

    • Nella prima parte, Michelle Obama si mette a nudo e racconta le sue fragilità e debolezze. Condivide la sua infanzia a Chicago, la sua educazione e la sua crescita personale. In questo modo, i lettori apprendono come la sua formazione e la sua famiglia l’hanno influenzata nel diventare la donna che è diventata.
    • Nella seconda parte, l’autrice parla del suo matrimonio con Barack Obama e della sua esperienza come First Lady. In particolare, racconta le difficoltà che ha dovuto affrontare come moglie del Presidente degli Stati Uniti e delle sfide che ha dovuto superare per diventare una First Lady rispettata e ammirata.
    • Nella terza parte, Obama riflette sulla sua vita dopo la Casa Bianca e sulle sue aspirazioni per il futuro. Questa sezione è particolarmente commovente, poiché l’autrice parla apertamente dei suoi timori e delle sue speranze per il futuro delle sue figlie.

    Perché leggere La luce che è in noi?

    La luce che è in noi è un libro ispirante perché offre spunti, esperienze e valori nei quali riconoscersi. Non dovremmo mai dimenticare chi siamo, del nostro potenziale, della nostra luce.

    La pandemia, la guerra in Ucraina, il cambiamento climatico, l’avanzare dell’intelligenza artificiale potrebbero portarci a dubitare di noi stessi… Potremmo sentirci smarriti e perdere la nostra luce.

    La luce ci rende più coraggiosi. Se conosci la tua luce, conosci te stesso. Conosci la tua storia in modo onesto. Nella mia esperienza, questo tipo di consapevolezza di sé genera sicurezza, e la sicurezza a propria volta genera calma e ci rende capaci di perseguire i nostri obiettivi

    Secondo l’autrice l’unico modo per riaccenderla e tenerla viva è accostare all’enormità di grandi problemi, un gesto piccolo e, in un certo senso, fine a sé stesso, alla nostra portata. Immergersi in un progetto che può essere portato a termine indipendentemente dalle condizioni del mondo intero, indipendentemente dallo stato della nostra salute mentale o dai pensieri che possono occuparla, è qualcosa che ci salva, che può impedirci di smarrire la nostra luce, proteggendola.

    Secondo Michelle Obama, le cose grandi diventano più facili da gestire se ci si mette accanto qualcosa di piccolo. Abbandonarsi a qualcosa di piccolo, concedersi di fuggire dalle difficoltà, dalle paure, dalle preoccupazioni, è proprio ciò che ci permette di affrontarle meglio. Nel suo caso è stato il lavoro a maglia. Nel mio caso è il lavoro di informazione sul Bouledogue Francese e l’aver ripreso con continuità a scrivere su zonadiconfine.it.

    Punti di forza

    Uno dei punti forti di questo libro è la capacità dell’autrice di rendere universale il suo racconto personale. Infatti, molte delle esperienze che condivide – come il sentimento di non appartenenza, il dubbio di sé e la difficoltà nel conciliare carriera e famiglia – sono comuni a molte donne di tutto il mondo. Ci si ritrova perfettamente.

    Un altro punto di forza del libro è che offre un’interessante dietro le quinte della Casa Bianca e di come Michelle Obama abbia gestito il ruolo di First Lady in un periodo tumultuoso della storia americana.

    Conclusioni

    L’ex first lady degli Stati Uniti, Michelle Obama, torna con un secondo libro intenso e sincero. Una riflessione sul cambiamento e su cosa significhi lottare per i diritti ed, al contempo, essere una donna in politica. Parla sempre con onestà e schiettezza, ma senza mai perdere quella dolcezza e genuinità che la contraddistinguono, sempre in prima linea per aiutare gli altri.

    Se stai cercando un libro che ti ispiri e ti motivi a diventare la migliore versione di te stesso, non cercare oltre. La luce che è in noi di Michelle Obama è la scelta perfetta.

    Yellowstone la serie TV

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    Yellostone-Dutton-Ranch-Montana
    John Dutton (Kevin Kostner al centro) con i suoi cowboy nel ranch del Montana

    Yellowstone è una serie televisiva drammatica americana che ha debuttato nel 2018 su Paramount Network. Ti racconto di Yellowstone perché mi ha coinvolto per la trama famigliare, il paesaggio immenso e selvaggio del Montana, le tradizioni dei cowboy, il cast favoloso. E ovviamente uno su tutti Kevin Koster, che proprio lo scorso gennaio ha ricevuto il Golden Globe come miglior attore protagonista.

    Da anni seguo serie TV e film. Nel tempo, ho affinato le mie competenze universitarie (sono laureata al Dams di Bologna) tanto da scrivere recensioni complete e suggerire cosa vale la pena guardare al cinema e sulle piattaforme streaming.

    In questo articolo non trovi spoiler sulle 5 stagioni ma i motivi per cui io te la consiglio vivamente. Riporto solo trailer in italiano.

    Yellowstone 5

    Gli ascolti della quarta stagione di Yellowstone sono stati molto alti, arrivando a superare del 79% la terza stagione. Proprio per questo Yellowstone 5 è composta da 14 episodi anziché da 10 ed è distribuita in due parti, la prima da otto e la seconda da sei episodi.

    Così ieri sera, mercoledì 23 marzo 2023, ho visto gli ultimi due episodi della prima parte della quinta stagione. Sono rimasta letteralmente appesa ai titoli di coda… Gli ultimi sei episodi saranno rilasciati negli Stati Uniti nel corso dell’estate 2023, è quindi probabile che arriveranno in Italia in autunno.

    La trama di Yellowstone

    Yellowstone è la saga della famiglia Dutton, proprietaria del più grande ranch nel Montana. In ogni stagione la famiglia Dutton deve difendere il ranch da numerosi nemici: il governo, gli sviluppatori immobiliari, le tribù indiane, i cittadini californiani e newyorkesi, gli ambientalisti, un fondo speculativo newyorkese. In questa eterna lotta si intrecciano i problemi familiari dei Dutton e le loro relazioni con il mondo esterno. Il protagonista è John Dutton (Kevin Kostner) attorno al quale ruotano le storie personali e caratteriali dei figli e dei “suoi” cowboy. Tutti vivono, lavorano e respirano letteralmente per lo Yellowstone ranch. Una tribù di duri e puri, con fragilità e debolezze che mi hanno coinvolta fin dalla prima puntata.

    Il cast di Yellowstone

    Uno dei principali fattori di successo di Yellowstone è il cast stellare, che include Kevin Costner nel ruolo principale di John Dutton, il patriarca della famiglia Dutton. Kevin Costner non ha certo bisogno di presentazioni… Per la sua interpretazione di John Dutton ha vinto il Golden Globe 2023 come miglior attore protagonista in una serie TV drammatica.

    Attori e personaggi preferiti di Yellowstone

    I miei personaggi secondari preferiti sono in ordine: Beth Dutton (Kelly Reilly), Wes Bentley (Jamie Dutton), Cole Hauser (Rip Wheeler), Kayce Dutton (Luke Grimes).

    Kelly Reilly interpreta Beth, è l’unica figlia femmina di John e Evelyn Dutton. Beth è estremamente sicura di sé e non ha paura di niente e di nessuno, ma anche lei, nel profondo, ha delle ferite che non sono mai guarite e che ancora sanguinano. La bellissima Kelly Reilly l’abbiamo vista in Sherlock Holmes e True Detective.

    Yellostone - Beth Dutton interpretata da Kelly Reilly
    Yellostone – Beth Dutton interpretata da Kelly Reilly

    Beth odia il fratello Jamie che odia Beth. Un classico

    Wes Bentley interpreta Jamie Dutton, uno dei figli di John Dutton. Jamie è un brillante avvocato, ed è attratto dalla politica. Suo padre, però, non è d’accordo con queste sue aspirazioni, un po’ perché non crede sia in grado di farcela, un po’ perché lo vuole concentrato completamente sugli affari di famiglia. Bentley è diventato famoso in tutto il mondo nel 1999 grazie al film capolavoro di Sam Mendes American Beauty.

    Beth-Jamie-Dutton-Yellowstone
    Guerra tra fratello e sorella. Jamie vs Beth.

    Cole Hauser è Rip Wheeler, fedelissimo e fidatissimo braccio destro di John Dutton, uomo che gestisce la baracca dei cowboy, innamorato perso di Beth fin dall’adolescenza. Un vero cowboy tutto d’un pezzo. Debutta nel 1992 nel film Scuola d’onore.

    Luke Timothy Grimes è Kayce Dutton, figlio ribelle di John Dutton che non approva i metodi violenti e qualche volta coercitivi e medioevali del padre. Kayce è spartano e tendenzialmente pacifico, ha però un passato da militare e una famiglia nella riserva indiana. L’attore è considerato un sex symbol, io lo ricordo giovanissimo in True Blood.

    Critica e premi

    Yellowstone è stata acclamata dalla critica e ha guadagnato numerosi spettatori in tutto il mondo. La serie ha vinto diversi premi, tra cui il Critics’ Choice Television Award per la miglior serie drammatica nel 2019 e il Primetime Emmy Award per la miglior fotografia in una serie single-camera nel 2020.

    Nel video Kevin Costner è seduto sul letto accanto a una scatola contenente il premio che gli è stato spedito. Anche se ha dovuto perdere i Golden Globes, ha detto che sua moglie Christine Baumgartner ha comunque cercato di rendere speciale la giornata. È andata al negozio con 30 dollari e ha portato a casa circa 30 palloncini per le decorazioni, mentre guardavamo i premi da casa”, ha raccontato. “Volevo essere lì, ma mia moglie ha trovato un modo per prendere qualcosa di veramente semplice, e io e i miei figli ci siamo seduti sul divano e abbiamo guardato l’intera cerimonia. Ci siamo ritrovati insieme come una famiglia e i miei figli hanno sentito chiamare il mio nome, si sono alzati in piedi e hanno applaudito”.

    Successi e incassi

    Yellowstone è diventata una delle serie più apprezzate dagli spettatori, attualmente una delle più viste di Paramount Network. La serie è stata un grande successo al botteghino, con un incasso totale di 1,3 miliardi di dollari. La serie ha anche registrato un alto numero di spettatori, con la stagione 3 che ha raggiunto una media di 6,5 milioni di telespettatori.

    Spin-off

    Il successo di pubblico e critica è stato tale da generare due spin-off :1883 (che è il prequel della storia principale) e 1923 (un sequel sulla nuova generazione dei Dutton ora su Paramount+).
    1883, già distribuito da Paramount, segue le vicende della famiglia Dutton svoltesi nell’anno messo a titolo. Racconta di come i Dutton sono diventati proprietari di vaste terre situate nel territorio del Montana.

    C’è poi 1932, attualmente in produzione, che narra di un’altra generazione di Dutton, vissuta nei primi anni del Novecento in un momento di grande crisi, tra pandemia, siccità, depressione economica e Proibizionismo. Nel cast di 1932 sono stati annunciati come protagonisti niente po’ po’ di meno che Harrison Ford ed Helen Mirren.

    Il paesaggio

    Casa Dutton, il ranch, i terreni dell’impero di John e quelli della Riserva indiana di Standing Rock nel nord e sud Dakota. Inoltre, molte riprese sono state effettuate sulle terre del Montana, proprio come la trama della serie, e altre nello Utah.

    Kevin Costner è l’attore più pagato della tv

    Secondo un rapporto stilato da Variety nel luglio 2022, Kevin Costner è attualmente l’attore più pagato nel mondo delle serie televisive, con Yellowstone che gli garantisce oltre 1 milione di dollari a episodio. E se le cose tra lui e la produzione dovessero girare bene, portando al rinnovo del contratto per la sesta e settima stagione, è probabile che al divo di Hollywood venga riconosciuto addirittura 1,5 milioni di dollari per episodio.

    Conclusioni

    Yellowstone è una serie TV pazzesca. Vale la pena guardarla: se ti piacciono le saghe famigliari incastonate nel vecchio west, le tradizioni fanno a botte con il progresso, gli amori sono intricati e romantici, i personaggi sono tosti ma nascondono fragilità. Aggiungo la libertà delle donne (Beth in primis fa e dice quello che desidera proprio come un uomo) ed il rispetto per le donne. Donne che lavorano come gli uomini e ricoprono ruoli apicali solitamente riservati agli uomini. Impresa, finanza, governo, legge, ambiente, università. Nessun settore è precluso alle donne.

    Il gran finale è riservato a Kevin Costner. Il suo passo, quando va a cavallo, quando dice solo quattro parole con la suo timbro basso e rauco (John Dutton parla poco), vale ogni episodio. Perché Yellowstone è anche e soprattutto Kevin Kostner.


    La quinta stagione è disponibile in esclusiva su SKY e Now.

    Elvis il film

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    Elvis-Baz-Luhrmann-Film

    ll film “Elvis” di Baz Luhrmann è meraviglioso. Un’epica biografia musicale che racconta la storia del leggendario artista americano Elvis Presley. Il film è un omaggio all’iconico Re del rock and roll, dall’infanzia povera in Mississippi, al suo successo internazionale e alla sua tragica morte prematura. Il film segue la vita di Presley dalla sua adolescenza alla sua ascesa al successo, fino alla sua morte prematura a soli 42 anni.

    Cosa mi è piaciuto di Elvis

    Il film è stato prodotto con una grande attenzione ai dettagli, dalla scenografia alle performance degli attori. Baz Luhrmann ha creato un’opera che riesce a raccontare la vita di Presley in modo coinvolgente e appassionante, catturando l’essenza della sua personalità, del suo stile musicale e del suo impatto sulla cultura americana.

    Stupenda anche la colonna sonora

    1. Austin Butler è Elvis

    Una delle cose che mi hanno subito colpito del film è la scelta del giovane attore Austin Butler per il ruolo di Elvis Presley. Butler si è preparato intensamente per il ruolo e la sua performance è stata straordinaria. Ha catturato perfettamente l’energia, lo stile e il carisma di Presley, rendendo omaggio alla sua musica e alla sua personalità.

    Il film inizia con una scena che mostra Elvis Presley alle prime armi, cercando di farsi strada nella scena musicale di Memphis. La sua passione per la musica è immediatamente evidente e il film mostra la sua tenacia per ottenere un’audizione e diventare un artista affermato.

    2. I personaggi secondari

    Il film ha anche un cast di supporto di altissimo livello. Il personaggio del colonnello Tom Parker è interpretato da Tom Hanks, che offre una performance convincente e commovente. Olivia DeJonge è Priscilla Presley, la futura moglie di Elvis, e la sua performance è perfetta nel catturare l’innocenza e la bellezza di Priscilla.

    Man mano che la storia si sviluppa, il film ci mostra il rapporto di Presley con la sua famiglia, la sua madre in particolare, e la sua relazione con Priscilla, la sua futura moglie. Il film mostra soprattutto il rapporto di Presley con il suo manager, il colonnello Tom Parker, che ha giocato un ruolo importante nella sua carriera. Un imbonitore, manipolatore, scaltro manager che forse è anche l’artefice della scomparsa precoce di Presley.

    3. La musica di Elvis

    Ma il vero fulcro del film è la musica di Elvis Presley. Il film presenta molte delle sue canzoni più famose, come “Hound Dog”, “Jailhouse Rock” e “Blue Suede Shoes”, “If I can dream”, e le esecuzioni sono straordinarie. Butler si dimostra un cantante molto talentuoso e riesce a catturare perfettamente lo stile e l’energia di Presley sul palco. Le esibizioni live sono molto coinvolgenti e il film riesce a trasmettere l’emozione che Presley suscitava nel pubblico. La scena che mi ha quasi commosso per l’emozione è questa.

    La colonna sonora del film è un’altra delle sue grandi qualità. La musica di Elvis Presley è un’importante parte della storia e il film riesce a combinare le sue canzoni più famose con altre meno conosciute, offrendo un’esperienza musicale completa e coinvolgente.

    Come si è preparato Austin Butler per interpretare Elvis?

    Una delle cose più impressionanti del film è la performance dell’attore Austin Butler, che interpreta Elvis. Butler è stato scelto per il ruolo dopo un’ampia ricerca che ha coinvolto centinaia di attori e provini. Ma come si è preparato per interpretare uno dei più grandi iconi della musica di tutti i tempi?

    Butler ha iniziato la sua preparazione per il ruolo di Elvis diversi mesi prima dell’inizio delle riprese. Ha lavorato a stretto contatto con un team di esperti che lo hanno aiutato a diventare fisicamente e vocalmente simile a Presley. Ha anche trascorso molto tempo ad analizzare e studiare la vita e la personalità di Presley, cercando di capire cosa lo ha reso unico come artista e come persona.

    Elvis di  Baz Luhrmann con Austin Butler
    Elvis di Baz Luhrmann con Austin Butler

    Per diventare fisicamente simile a Presley, Butler ha seguito una rigorosa dieta e programma di allenamento. Ha lavorato con personal trainer e nutrizionisti per aumentare la massa muscolare e raggiungere il peso e l’altezza giusti per il ruolo. Inoltre, ha studiato le abitudini di Presley, come la sua postura, la sua mimica facciale e il modo in cui camminava e si muoveva sul palco.

    Ma non è solo l’aspetto fisico che ha reso la performance di Butler così impressionante. Ha anche dedicato molto tempo a imparare la voce e il modo di cantare di Presley. Ha studiato le sue registrazioni in dettaglio, cercando di catturare la stessa intonazione e lo stesso stile vocale. Inoltre, ha lavorato con un coach vocale che lo ha aiutato a migliorare la sua capacità di cantare e a sviluppare la giusta presenza scenica.

    Nel complesso, la performance di Butler nel film “Elvis” è stata incredibilmente convincente e ha dimostrato la sua grande dedizione e impegno per il ruolo. Ha catturato perfettamente l’energia, il carisma e lo spirito ribelle di Presley, offrendo uno spettacolo emozionante e coinvolgente per il pubblico. Lo scorso gennaio Austin Butler ha vinto il Golden Globe come miglior attore drammatico.

    Curiosità sul film

    Il film Elvis di Baz Luhrmann ha incassato un totale di 113,6 milioni di dollari in tutto il mondo ed è stato accolto positivamente dalla critica.

    Elvis è di forte impatto visivo per la sua estetica, la qualità della sceneggiatura e delle performance degli attori. La sceneggiatura del film è stata scritta da Baz Luhrmann e Craig Pearce, con la collaborazione di Sam Bromell. La storia infatti mette enfasi sulla musica di Elvis Presley e mostra la lotta del giovane artista per emergere nella scena musicale di Memphis.

    Il film ha una grande attenzione ai dettagli, dalla scenografia alla colonna sonora, che include molte delle canzoni più famose di Elvis Presley, come “Hound Dog”, “Jailhouse Rock” e “Blue Suede Shoes”. La colonna sonora è stata prodotta da Baz Luhrmann e Anton Monsted ed è stata molto apprezzata dalla critica e dal pubblico.

    Il film è stato girato in Australia e negli Stati Uniti e la produzione ha avuto un budget di 90 milioni di dollari. La sceneggiatura e la produzione sono state oggetto di numerose revisioni e il film ha subito diversi ritardi nella produzione a causa della pandemia di COVID-19.

    Conclusioni

    In conclusione, il film Elvis è un’imperdibile biografia musicale che racconta la storia del più grande cantante della storia della musica. La performance di Austin Butler come Elvis Presley è senza dubbio uno dei punti salienti del film, dimostrando la sua grande dedizione e impegno per il ruolo. Il film ha infatti offerto una performance straordinaria di Austin Butler nel ruolo di Elvis (premiato con il Golden Globe) e ha presentato un cast di supporto di altissimo livello (in primis Tom Hanks). La colonna sonora del film è stata molto apprezzata dalla critica e dal pubblico, così come la scenografia e la fotografia. Il film ha incassato 113,6 milioni di dollari in tutto il mondo ed è stato accolto positivamente dalla critica, ricevendo anche una nomination ai Golden Globe. Al momento si può vederlo sulle principali piattaforme in streaming come Amazon Prime (pagamento) e Now TV (compreso nell’abbonamento).

    Boomer. La generazione dei sacrifici

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    Foto di Tim Mossholder su Unsplash
    Foto di Tim Mossholder su Unsplash

    Il termine “boomer” si riferisce generalmente ai membri della cosiddetta “generazione del baby boom”, ovvero le persone nate tra il 1946 e il 1964, periodo in cui si verificò un aumento significativo del tasso di natalità. Il termine “boomer” è oggi spesso utilizzato in modo informale per riferirsi ai membri di questa generazione, in particolare per indicare quelli che potrebbero avere atteggiamenti o punti di vista considerati datati o conservatori.

    Il Boomer offeso

    È piuttosto lunare che i boomer si sentano offesi quando si tronca di netto una discussione con un sintetico “Ok boomer”. Nonostante lo scollamento temporale i boomer continuano a dispensare consigli non richiesti alle nuove generazioni (indaffarate a studiare, conservare un posto di lavoro o trovare un posto nel mondo che corre a 2000 all’ora) e a ricordare che loro sì hanno fatto grandi sacrifici. Vediamoli questi grandi sacrifici.

    Boomer - Foto di Giacomo Lucarini su Unsplash
    Boomer – Foto di Giacomo Lucarini su Unsplash

    La generazione dei sacrifici

    La generazione dei sacrifici è riuscita a sposarsi entro i 25 anni con feste da 200 invitati, comprarsi una casa con giardino, avere almeno due figli e farli studiare all’Università, la villeggiatura al mare in estate e la settimana bianca a Natale, un semplice raffreddore e via con la richiesta della mutua, la settimana delle ferie a metà settembre per la vendemmia. La pensione calcolata con il vecchio sistema che si basava sull’ultima retribuzione, volutamente più alta per via degli straordinari pagati. In pensione anche a 50 anni, dopo aver trascorso 30 anni nello stesso ufficio o fabbrica, con tutte le energie vitali per la ristrutturazione del villino acquistato versando l’anticipo del TFR. La generazione dei sacrifici ha potuto costruirsi un futuro solido, fatto di beni e di servizi per sé e la propria famiglia. Ha potuto risparmiare per i tempi difficili mai arrivati. Infatti gli investimenti personali in banca coprirebbero il debito pubblico. Il boomer ha potuto fare tutto ciò con titoli di studio che al giorno d’oggi sono carta straccia. La terza media o al massimo il diploma.

    Italiani in fuga dal lavoro

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    In fuga dal lavoro
    Sono oltre 1,6 milioni le persone che hanno dato le dimissioni nei primi nove mesi del 2022. Parliamo del 22% in più rispetto allo stesso periodo del 2021 quando a lasciare il lavoro erano stati in 1,3 milioni.

    Italiani in fuga dal lavoro. Come certificato dalle comunicazioni obbligatorie del ministero del Lavoro, sono oltre 1,6 milioni le persone che hanno dato le dimissioni nei primi nove mesi del 2022. Parliamo del 22% in più rispetto allo stesso periodo del 2021 quando a lasciare il lavoro erano stati in 1,3 milioni. Le Grandi Dimissioni, seppur in misura ridotta rispetto agli Stati Uniti, interessano quindi anche l’Italia con caratteristiche però differenti visto il mercato del lavoro tradizionalmente più ingessato rispetto a quello a stelle e strisce.

    Le Grandi dimissioni in Italia
    Foto di Israel Andrade | Unsplash

    Italiani in fuga dal lavoro. Chi si dimette?

    Ma chi lascia il lavoro? Per rispondere a questa domanda è utile recuperare l’indagine della Fondazione studi dei consulenti del lavoro in cui si fa riferimento al periodo 2019-2021. Posto che nel 2022 il fenomeno delle dimissioni si è poi accentuato, è interessante individuare le categorie toccate dal fenomeno negli ultimi anni. Si tratta di professionisti qualificati che scelgono di andarsene per cercare un’occupazione migliore sia in termini di retribuzione che di equilibro vita-lavoro. Si va dagli ingegneri ai medici e infermieri passando per geometri e operai specializzati. Il confronto tra i primi tre trimestri del 2019 e del 2021 evidenzia infatti un incremento soprattutto tra i segmenti dei laureati e dei lavori qualificati. Tra i settori più interessati dal fenomeno c’è l’edilizia in cui si contano il 9,7% delle dimissioni tra 2019 e 2021. Si stima che nelle costruzioni, l’incremento delle persone che si sono dimesse tra 2019 e 2021 sia stato pari al 47,1%, mentre nel comparto sanità e assistenza sociale la crescita è stata del 33%

    Le dimissioni interessano le donne nel 2022

    Le dimissioni sono poi in crescita tra le lavoratrici. Su questo fenomeno hanno un peso storico la maternità e le difficoltà nel conciliare famiglia e lavoro. Tanto che molte donne escono dal mercato dopo le dimissioni. Se si guarda poi alle comunicazioni obbligatorie, nel terzo trimestre 2022 si sono dimessi 562.258 lavoratori di cui 317.734 erano uomini e 244.524 donne con le donne però che segnano rispetto allo stesso trimestre del 2021 un +22.717 donne (+12.257 tra gli uomini).

    I giovani e le differenze tra territori

    L’età e il livello di istruzione segnano differenze non banali nelle prospettive dei lavoratori dopo le dimissioni. Scrivono i ricercatori: «Se nelle fasce d’età centrali, tra i 35 e 54 anni, più del 60% dei dimessi ha un’altra occupazione, la quota scende al crescere dell’età, arrivando al 33,7% tra chi ha più di 55 anni. Anche tra i laureati la quota di “rioccupati” dopo le dimissioni è più alta, raggiungendo il 69,2% contro il 55,8% dei diplomati e il 51,3% di chi ha un titolo di studio inferiore». Al Nord il fenomeno si lega alla mobilità del mercato mentre al Sud la maggioranza resta senza contratto di lavoro: solo il 49,5% risulta ricollocato. L’Associazione italiana direzione del personale evidenzia poi come le grandi dimissioni siano diffuse tra i più giovani. Tanto che si possono considerare una delle cause del divario economico, sociale e culturale tra la generazione dei baby boomer i millenial e la Gen Z.

    Dimissioni e propensione a lasciare

    Le dimissioni potrebbero poi crescere ancora. Stando all’indagine della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, “Italiani e lavoro nell’anno della transizione”, più della metà dei lavoratori del Belpaese (55%) vuole cambiare lavoro, perché insoddisfatto dell’occupazione attuale. Un 15% sarebbe costantemente alla ricerca di una nuova occupazione. Salari bassi e scarsa crescita professionale sono alla base dell’insoddisfazione ma pesa, come detto, anche la ricerca di un maggior benessere personale. Con lo smart working promosso a pieni voti dall’84,2% dei lavoratori agili.

    (fonte Corriere della Sera, Diana Cavalcoli, 27 gennaio 2023)

    Armocromia

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    Armocromia

    Le temperature sono in salita e non c’è dubbio che al guardaroba occorre uno switch.
    E anche se ufficialmente la stagione estiva comincia il 21 giugno, la moda ha già fischiato il calcio d’inizio con le sfilate dell’Alta Moda parigina e dato il via libera a canottiere, crop top, gonne mini, midi, maxi da portare con le gambe scoperte, vestitini leggeri, T-shirt, short, salopette, camicie e completi di lino da indossare di volta in volta con sneakers, slingback o sandali dal tacco più o meno alto.

    Armocromia e palette stagionali

    Se cosa mettere nell’armadio a prova di caldo è abbastanza chiaro, con un occhio ai trend e uno alla propria attitudine, sul versante colori non sempre sappiamo individuare le sfumature che ci valorizzano. Ogni persona, infatti, dovrebbe indossare una specifica palette: ne esistono quattro, una per ogni stagione studiata per esaltare le proprie caratteristiche.

    Cose è l’armocromia

    Mai sentito parlare di armocromia? Si tratta di una vera scienza del colore che in base alla combinazione di pelle, occhi e capelli definisce una tabella di tonalità ideale per ciascuno di noi. Un modo semplice e matematico per esaltare la bellezza naturale che ha radici lontane.

    Questa disciplina nasce in forma embrionale alla fine degli anni Trentacon l’avvento del cinema a colori, grazie al lavoro delle costumiste di Hollywood che hanno iniziato a concepire il colore come uno strumento da usare per valorizzare le attrici al pari di abiti, accessori e trucco. Ai giorni nostri, la massima teorica sull’argomento in Italia è Rossella Migliaccio, autrice del libro Armocromia – Il metodo dei colori amici che rivoluzionano la vita e non solo l’immagine in cui ricorda che per tutti esistono “colori amici” e “nemici”: i primi sono veri alleati di bellezza e, quindi, fanno sentire bene, luminose e felici; i secondi fanno apparire tristi, stanche e spente.


    A quale stagione appartieni?


    Una volta scoperta la stagione e, dunque, la palette più adatta facendo un piccolo e rapido test con l’aiuto delle professioniste del settore, è davvero facile trovare gli abbinamenti cromatici su misura.
    Sono essenzialmente quattro i fattori da analizzare per scoprire la propria stagione: il sottotono (corrisponde alla temperatura calda o fredda); il contrasto (il mix di pelle, occhi e capelli); il valore (chiaro, medio o scuro) e l’intensità o brillantezza (forte o attenuata).



    Andare alla scoperta del a stagione che ci identifica (autunno e primavera, quelle calde, inverno ed estate, quelle fredde) migliora l’immagine e anche la nostra vita indirizzando verso uno shopping più mirato.

    E niente panico se pensiamo magari di non avere nell’arsenale tonalità alla moda: questa stagione è tutta all’insegna di nuance vibranti e acide, come il lime, ma senza dimenticare i nude e i classici nero e blu, dalla nuance navy all’intramontabile denim.

     Dunque, qualsiasi sia la stagione di appartenenza si avrà sempre un vasto ventaglio di scelte di stile in accordo non solo con le nostre peculiarità interiori ma anche a quelle esteriori.