Io sono il padrone del mio destino, io sono il capitano della mia anima è il credo dei Sapeurs, subcultura sartoriale cresciuta in Congo come espressione di disobbedienza civile al regime di Mobutu. La SAPE – società di persone eleganti – altrimenti nota come ‘ Sapeurs ‘, è un gruppo di eroi contemporanei di Brazzaville, Repubblica del Congo. La loro vita non è definita dalla professione o dalla ricchezza, ma dal rispetto, dalla dignità e da un codice ispiratore di estro e creatività.
Sono finiti sulle pagine dei principati giornali del mondo, e anche su quelle delle maggiori riviste di moda e in uno spot della birra Guinness. Strepitoso!
Quando ho letto il pezzo di Annamaria Testa sulla Resilienza ho provato empatia.
Ne avevo già scritto, dando una mia interpretazione, in un altro post del blog, leggete qui.
Ci sono persone che, dopo lo ‘stordimento iniziale’ si riprendono in fretta dalle delusioni e ingiustizie della vita. Il tempo è poco, non era destino, bisogna farsi coraggio e via! “Domani è un altro giorno”.
Certo, si perdono per strada dettagli importanti, persone che probabilmente meriterebbero maggior attenzione da parte nostra, e qualche parola in più chiarirebbe i “non detti”. Ma del resto ed il più delle volte, non sono le situazioni a deluderci ma le persone.
Così ho capito fino in fondo che chi ha forza d’animo si può definire resiliente.
Per onestà intellettuale riporto alcuni stralci, quelli per me più significativi, dell’articolo di Annamaria Testa.
“Quello che non ci uccide ci rende più forti”. L’ha scritto nel 1888 il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche. L’idea del rafforzarsi superando difficoltà è potente.
Si parla di resilienza: la capacità psicologica di riprendersi reagendo ai traumi e agli errori.
Resilienza è ciò che i filosofi Epitteto e Marco Aurelio chiamavano “forza d’animo”. Il termine “resilienza” è mutuato dalla scienza dei materiali e indica la capacità di resistere e conservare la propria struttura o forma iniziale: materiali compressi, schiacciati e deformati riacquistano la propria forma originaria se liberati dal peso che li sovrasta e dalla deformazione. Applicata ai sentimenti e alla struttura della personalità la parola (…) indica la capacità di riemergere da esperienze difficili mantenendo un’attitudine sufficientemente positiva nei confronti dell’esistenza.
La buona notizia è che non si tratta di una dote eccezionale ma – dicono gli autori – è una caratteristica della personalità piuttosto diffusa: c’entrano senso di identità, fiducia in se stessi, forti convinzioni, capacità di avere relazioni, di creare nuovi legami con altre persone e di solidarizzare, di condividere, di restare aperti, di coltivare l’ottimismo e di immaginare.
Non a caso, la resilienza è una componente (e anche un dono) della creatività.
Ed ecco due ulteriori cose notevoli: lo humour svolge una funzione positiva a patto di non essere autodenigratorio o aggressivo. E può essere allenato e incoraggiato: gruppi di volontari addestrati a – diciamo così – prenderla su ridere si sono dimostrati, anche a distanza di tempo, più ottimisti e meno depressi e ansiosi di gruppi non addestrati.
Le caratteristiche che rendono, invece, resilienti le aziende sono un forte senso di identità, la capacità di adattarsi al cambiamento storico-sociale, la vocazione a investire in settori diversi anche a rischio di qualche fallimento, gli alti gradi di libertà decisionale dei manager, l’essere permeabili al mondo esterno e ai pareri scomodi, la capacità di imparare, l’attitudine a reinventarsi.
A proposito di manager, però, occhio alle personalità narcisistiche e carismatiche: possono portare il gruppo a clamorosi insuccessi, proprio in quanto sono meno disposte a mettersi in discussione, a cogliere segni importanti nell’ambiente, a modificare in corso d’opera una linea d’intervento; il gruppo, d’altronde, è ormai abituato a seguire un leader infallibile. La storia, come indicano alcuni recenti e clamorosi fallimenti di grossi gruppi e aziende, è piena di questi esempi.
– See more at: http://nuovoeutile.it/resilienza/#sthash.toIk9cQT.dpuf
Tra l’altro, uno degli ingredienti più interessanti della resilienza è lo humour. La sua capacità di ridurre lo stress è stata provata da diversi studi svolti in differenti parti del mondo, sia in situazioni oggettivamente complicate, sia in condizioni più quotidiane. Ed ecco due ulteriori cose notevoli: lo humour svolge una funzione positiva a patto di non essere autodenigratorio o aggressivo. E può essere allenato e incoraggiato: gruppi di volontari addestrati a – diciamo così – prenderla su ridere si sono dimostrati, anche a distanza di tempo, più ottimisti e meno depressi e ansiosi di gruppi non addestrati.
Più forti delle avversità parla anche di “scuole resilienti” e di “aziende resilienti”: nel primo caso, un insegnante bravo e preparato è in grado di compensare la situazione familiare carente o lo svantaggio sociale dei ragazzi a patto, dicono gli autori, di possedere le seguenti qualità: autenticità, considerazione per l’alunno, empatia. È l’effetto Pigmalione, che non si estende solo agli alunni svantaggiati ma all’intera classe, migliorandone sostanzialmente i risultati.
Le caratteristiche che rendono, invece, resilienti le aziende sono un forte senso di identità, la capacità di adattarsi al cambiamento storico-sociale, la vocazione a investire in settori diversi anche a rischio di qualche fallimento, gli alti gradi di libertà decisionale dei manager, l’essere permeabili al mondo esterno e ai pareri scomodi, la capacità di imparare, l’attitudine a reinventarsi.
A proposito di manager, però, occhio alle personalità narcisistiche e carismatiche: possono portare il gruppo a clamorosi insuccessi, proprio in quanto sono meno disposte a mettersi in discussione, a cogliere segni importanti nell’ambiente, a modificare in corso d’opera una linea d’intervento; il gruppo, d’altronde, è ormai abituato a seguire un leader infallibile. La storia, come indicano alcuni recenti e clamorosi fallimenti di grossi gruppi e aziende, è piena di questi esempi.
Resilienza è ciò che i filosofi Epitteto e Marco Aurelio chiamavano “forza d’animo”. Il termine “resilienza” (ricopio per voi da pag. 15) è mutuato dalla scienza dei materiali e indica la capacità di resistere e conservare la propria struttura o forma iniziale: materiali compressi, schiacciati e deformati riacquistano la propria forma originaria se liberati dal peso che li sovrasta e dalla deformazione. Applicata ai sentimenti e alla struttura della personalità la parola (…) indica la capacità di riemergere da esperienze difficili mantenendo un’attitudine sufficientemente positiva nei confronti dell’esistenza.
La buona notizia è che non si tratta di una dote eccezionale ma – dicono gli autori – è una caratteristica della personalità piuttosto diffusa: c’entrano senso di identità, fiducia in se stessi, forti convinzioni, capacità di avere relazioni, di creare nuovi legami con altre persone e di solidarizzare, di condividere, di restare aperti, di coltivare l’ottimismo e di immaginare.
Non a caso, la resilienza è una componente (e anche un dono) della creatività – See more at: http://nuovoeutile.it/resilienza/#sthash.toIk9cQT.dpuf