Israele e la Cisgiordania sono una polveriera, ringrazio Dio di essere rientrata a casa in tempo e di aver potuto fare il mio viaggio in tranquillità. Purtroppo, tante cose viste e sentite durante il mio ultimo viaggio, prendono forma e posso unire i puntini. Il processo di pace tra Israele e la Cisgiordania è sempre più lontano.
Un riassunto di quel che sta succedendo in questo infuocato luglio 2023
Jenin e Tel Aviv – luglio 2023
Le notizie di questi primi giorni di luglio 2023 sono terribili. Al feroce attacco militare israeliano a Jenin è seguito un attacco kamikaze palestinese a Tel Aviv rivendicato poi da Hamas. In entrambi i casi ci sono stati morti (civili) e feriti. Il campo profughi di Jenin, densamente abitato (14.000 abitanti) è stato bombardato con droni e ha visto il dispiegamento di 2.000 soldati israeliani per stanare i terroristi di Hamas e di altri nuovi gruppi palestinesi (Jihad Islamico ed altri gruppi che non riconoscono nessuna autorità palestinese).
Mentre scrivo, leggo che i militari israeliani si sono ritirati lasciando, oltre ai morti (ragazzi e bambini), case e strade distrutte con 3 mila sfollati palestinesi. Solo che i 3 mila sfollati sono ritornati a Jenin e, senza più una casa, sono ospiti di parenti e di amici. La comunità si è ulteriormente coesa, come a dire: “noi non ci spostiamo di un millimetro, resistiamo”.
Le reazioni dei palestinesi in Cisgiordania
Per dimostrare solidarietà alla comunità e popolazione di Jenin (39 mila persone in città e 14 mila nel campo profughi bombardato), i negozi arabi mussulmani palestinesi di Gerusalemme est, Hebron, Ramallah e altre città della Cisgiordania, hanno abbassato le serrande e c’è poca gente per strada (probabilmente anche per evitare qualsiasi contatto con i civili israeliani che possono portare armi). Domani poi è venerdì e ci sarà la giornata della preghiera alla Spianata delle moschee.
L’Autorità Palestinese è in profonda crisi
Mercoledì 5 luglio si sono tenuti i funerali di 10 dei 12 palestinesi uccisi dall’esercito durante l’operazione a Jenin. L’esercito sostiene che fossero tutti combattenti: il gruppo armato palestinese del Jihad Islamico ha rivendicato l’appartenenza al suo gruppo di otto degli uomini uccisi, mentre un altro gruppo armato ha detto che uno dei suoi uomini era stato ucciso. Per ora non ci sono notizie certe sugli altri. (È stato ucciso anche un soldato israeliano, probabilmente da “fuoco amico”).
Durante i funerali sono stati sparati colpi da arma da fuoco in aria per commemorare le persone morte, e sono stati gridati slogan contro Israele. Oltre a Israele, tuttavia, è stata criticata quasi altrettanto duramente l’Autorità Palestinese. Quando tre funzionari dell’Autorità si sono presentati al funerale, molte persone hanno gridato contro di loro: «Andatevene! Andatevene!», e ci sono stati alcuni scontri. Le guardie di sicurezza che accompagnavano i tre funzionari li hanno portati via usando anche gas lacrimogeni per farli scappare.
L’incompetenza dell’Autorità Palestinese è una delle ragioni per cui ormai da tempo è in corso tra le forze palestinesi una frammentazione non soltanto politica ma anche militare. Da alcuni anni sono nati – anche nel campo profughi di Jenin – numerosi gruppi armati indipendenti che non rispondono ai gruppi più grandi come Hamas e Fatah, il partito del presidente dell’Autorità Mahmoud Abbas (Abu Mazen). Questi gruppi indipendenti, spesso molto violenti, sono imprevedibili e difficili da sorvegliare e controllare, e sono ritenuti una minaccia piuttosto grave alla stabilità dell’area.
A questo punto gli osservatori e gli esperti internazionali si stanno chiedendo se l’operazione israeliana sia stata un successo, sembrerebbe proprio di no.
Israele. Le contestazioni interne a Tel Aviv
Mentre Jenin veniva bombardata, i cittadini moderati israeliani occupavano l’aeroporto Ben Gurion, manifestando contro la riforma della giustizia portata avanti dal governo di Benjamin Netanyahu. Ieri sera, centinaia di persone sono scese nuovamente in piazza, bloccando l’autostrada Ayalon di Tel Aviv, dopo le dimissioni del capo della polizia Amichai Eshed in seguito la notifica di trasferimento ad altro incarico. Eshed ha parlato di una decisione derivata da “considerazioni politiche” dopo la sua scelta di “non rompere ossa” e “prevenire la guerra civile” nel corso delle manifestazioni in aeroporto.